Mia mamma è una professoressa di inglese, ormai in pensione. Mi ricordo quand’ero piccola che andava scuola con i capelli sempre gonfi, le camicette di seta, i tailleur di tweed. Quando sono nata mia mamma aveva 32 anni , quando è nata Gaia io ne avevo 35. Quando ho iniziato ad andare a scuola e ad avere l’età della ragione, aveva 38 anni e la vedevo vecchia vecchia con i capelli gonfi, con le gonne sotto il ginocchio, con le scarpe con mezzo tacco e le calze velate. Adesso invece va in giro con i capelli stirati, i jeans e le scarpe da ginnastica. Per fortuna la moda è cambiato ma nella mia percezione di bambina, mia mamma a 38 anni, era vecchia. Ma vecchia vecchia e senza possibilità di ritornare indietro. Vecchia come modi, vecchia come si vestiva, vecchia perché era sposata e aveva due figlie. Un lavoro, delle responsabilità. Vecchia, insomma.
Quando sono diventata trentenne ero in vacanza a New York con il moroso: è stata una giornata assolutamente tragica, ho pianto più o meno tutto il giorno. Il santo che poi sarebbe diventato mio marito mi aveva proposto una giornata di shopping. Shopping a New York. Cosa volere di più? Fosse stato un qualsiasi altro giorno dell’anno sarei stata la persona più felice del mondo ma quel giorno, soltanto lampi tuoni fulmini e lacrime. Mi ricordo che il telefono squillava di continuo, messaggi degli amici e telefonate dei miei genitori e di mia sorella. E io volevo soltanto spegnere il telefono e dimenticarmi che quel giorno compivo trent’anni. Trent’anni. Vecchiaia.
Mi ricordo che la mattina ho fatto il punto della situazione.
> Avevo un moroso. Ma quel moroso non mi aveva ancora chiesto di sposarlo, e ormai era da una vita che stavamo insieme, tra alti e bassi, tra tira e molla.
> Avevo un lavoro, ma in quel momento la mia agenzia ventilava l’ipotesi di un trasferimento, di un’acquisizione, non avevo ben idea di cosa sarebbe stato di me nel giro di qualche mese.
> Avevo una casa, però tecnicamente era la casa dei miei genitori.
> Avevo una macchina ma era la macchina vecchia di mia mamma.
Insomma, mi sembrava di non essere arrivata da nessuna parte, nonostante avessi trent’anni, un lavoro, una macchina e vivessi per conto mio. Trent’anni, che dovrebbe essere l’età della maturità, della consapevolezza, delle scelte importanti, dello sposarsi ed avere figli e tutte queste cose qua.
Io non avevo niente, era New York, con mio moroso, dentro al mega store di Ralph Lauren, ed ero in una valle di lacrime. A nulla è valsa la puntata pomeridiana da Jimmy Choo e il mio meraviglioso paio di decolletè nere, che tutt’ora metto per fortuna. Una valle di lacrime. Trent’anni e non aver combinato nulla di concreto.
È stato sicuramente il compleanno più triste che abbia fatto, uno dei più importanti finora ma sicuramente il più triste. La sera sono rimasta da sola in albergo finché mio marito scendevo a mangiare un boccone. Non volevo nemmeno cenare. Per fortuna il giorno dopo le cose sono cambiate, mi sono svegliata di buon umore, era una magnifica giornata primaverile e per farmi perdonare ho offerto il pranzo a mio marito in un meraviglioso ristorantino con i tavolini all’aperto nel Meatpacking District.
I compleanni successivi non sono stati niente di chè, certo, mi tolgo gli anni, ho la fortuna di non dimostrare gli anni che ho effettivamente e se posso, ci marcio. Non ho mai dimostrato la mia età, mentre a 15 anni mi arrabbiavo perché a me davano 12, a 25 sembrava ne avessi 20 e a volte mi chiedevano il documento per entrare nei locali. Adesso per fortuna me ne danno di meno nonostante il fisico un pochino più appesantito, qualche capello bianco abilmente coperto dalla tinta.
Le rughe per fortuna non ci sono, sono graziata da questo punto di vista e sì, settimana scorsa ho compiuto 38 anni. 38, esattamente l’età di quando mia mamma portava il tailleur di tweed, le calze color color carne, i mezzi tacchi e il capello gonfio. E io invece sono ancora qua, in jeans, converse, sciarpa perennemente al collo e capelli raccolti. Sono rimasta la zingara che ero da ragazza, anche se ormai l’età avanza, e i prossimi importanti sono 40. Mi sono sposata, ho un mostro che all’anagrafe si chiama Gaia ed ha tre anni, ho una casa, ho una macchina, mia. Posso dire di avere un lavoro che mi soddisfa, e prima di metterlo nero su bianco di scriverlo qua ci ho pensato qualche secondo.
Ok, ho 38 anni e mi sento realizzata. Non ho detto che sono arrivata, però quello che faccio e quello che sono diventata mi piace e finalmente sono in pace con me stessa. Ho 38 anni e settimana scorsa quando li ho compiuti mi sono mangiata questa torta praticamente da sola. Certo, poi sono andato a correre, ma me la sono fatta, me la sono fotografata, e me la sono mangiata. Buon compleanno, Elisabetta.
La ricetta è presa dalla bravissima Enrica, ovviamente cambiando le dosi che sennò non son contenta.
- 180 g di farina 00
- 350 g di fragole
- 80 g di di burro
- 140 g di zucchero
- 2 cucchiai di zucchero di canna
- 125 ml di latte
- 1 uovo
- 2 cucchiaini radi di lievito per dolci
- 1 cucchiaino di estratto di vaniglia
- Preriscaldate il forno a 180° in modalità statica.
- Mettete in una ciotola il burro e lo zucchero bianco e lavorate con le fruste finché non sarà diventato una crema.
- Aggiungete il latte e l'uovo e l'estratto di vaniglia, continuando a montare. Farà dei grumi, tutto normale, continuate a montare qualche altro minuto.
- Setacciate farina e lievito e aggiungeteli, mescolando bene.
- Versate il composto in una teglia da 24 cm di diametro, imburrata ed infarinata.
- Lavate, asciugate e tagliate a metà le fragole, mettetele sopra l'impasto schiacciando leggermente. Versate sopra le fragole lo zucchero di canna ed infornate per 45 minuti. Prima di tirare fuori dal forno fate la prova stecchino, se uscirà pulito la torta è pronta.
- Se riuscite ad aspettare, mangiatela una volta sfreddata.
Cantate tutti insieme con me, anche se è passata una settimana. Tanti auguriiiii a teeeee, tanti auguriiii a teeeeee, tanti auguri mamma Betta, tanti auguriiiiii a teeeeeee.
La nana me la canta tutte le mattine. Anche se ho compiuto gli anni il 21. 🙂 E mi chiede quando rifaccio questa torta. Che, mamma, se togli tutte le fragole è buonissima.
Forse per quando compirà lei 38 anni riuscirà a mangiare la frutta…
Marghe says
Mi sono commossa leggendoti, sono saltata tra le righe un pò ridendo e un pò piangendo, su un’altalena di malinconia e divertimento. Avrei voluto abbracciare stretta quella trentenne e dare il 5 a quella trentenne+1 che è andata a sfondarsi di cibo respirando sole. Ma ho abbracciato la quasi 38enne, e va bene così :*
Elisabetta Gavasso says
La trentenne+1 vince a mani basse sulla trentenne. La trentottenne vince su entrambe! Baci, bionda!
Vanessa says
Ho una mamma che mi ha avuto a 21 anni… e quando avevo 6 anni le spiegai che purtroppo a 28 anni sarebbe entrata nell’età della vecchiaia (nonostante indossasse jeans e superga). Da questo punto di vista ringrazio il cielo di aver avuto figli maschi, perchè credo che mi risparmieranno considerazioni di questo tipo! 😀 Fossi stata un po’ più cazzara a 30 anni ti saresti goduta la tua giornata di shopping a New York. Per fortuna a tutto c’è rimedio! Gli auguri te li rifaccio volentieri anche qua! 🙂
Elisabetta Gavasso says
La nana già mi dice che ho le tette che scendono.. E giuro che non è vero! Piccole iene crescono, beata te che hai i maschi!
roberta morasco says
Allora intanto numero uno io ne ho qualcuno più di te e NON SONO VECCHIA!
Due le decolleté non te le meriti se scrivi Jimmy Chou e non Choo…sacrilegio! (ahahahahahaha)
Tre passa una fetta di questa torta buonerrima và che domani mattina vado a correre anche io 🙂
Ri- auguroni ‘vecia’ (sai vero che a Venezia gli amici si chiamano così?)
smuack!
Roby
Elisabetta Gavasso says
Vecia anche qui, tranquilla… Cmq, la signora Choo piange e il mio correttore non si è accorto di una simile bestemmia. Correggo subito!! Ciao cccciovane!!