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Far breton alle prugne

 

Estate 2010, una (piccola) macchina nuova da testare. Un borsone con qualche costume, qualche maglietta, pantaloni corti, un vestitino corto e uno lungo e basta. Che il bagagliaio è piccolo e tanto stiamo via solo qualche giorno, cosa ci servirà mai.

E allora Provenza, col mercato delle spezie di Antibes, facendo il pieno di limoni canditi, di lavanda per fare biscotti profumati, di chablis da bere gelato. Con la mondanità di Cannes e l’eleganza di Saint Tropez.

E poi via, si riparte per Hyeres, sosta veloce a fare surf e poi il dritto fino alla città del cuore, Barcellona, in un agosto torrido, che vuol dire birra gelata e tapas, horchata a passeggio, spiagge lontano dalla città, passeggiate di notte, risate, mani che si intrecciano come tanti anni fa, per la prima volta, sulla Rambla. Angoli nascosti, che hanno un significato, ricordi, corse nelle stradine del Barrio, la meraviglia dei banchi di pomodori del mercato della Boqueria, i giorni che passano e noi che li lasciamo passare, lavando la biancheria nel lavandino dell’albergo.

E si parte verso il nord, con l’aria condizionata che decide di rompersi lungo un’autostrada tanto deserta quanto assolata, 570 km per arrivare nei Paesi Baschi a 38° coi finestrini abbassati, le mille soste in autogrill per rinfrescarci un po’, un gelato, una coca, una bottiglia di acqua.
E poi una San Sebastian deserta, un albergo infestato dalle zanzare, le tapas più buone del mondo, i locali più strani, il giorno prima dell’inizio della feria, un clima irreale, caldissimo, nessuno in giro, neanche la sera tardi. Poi il giorno dopo, la magia, la gente che si riversava per strada a fiumi..

E noi via, fuori dal casino, via dalla folla, con la macchina carica di vino e con un prosciutto comprato nel supermercato del Corte Ingles, l’unico aperto in centro, via verso la Francia, con l’aria condizionata che ha deciso che no, non ne voleva sapere di ripartire, in fin dei conti solo 30° e in macchina un Pata Negra…

Via verso Biarritz, un alberghetto infame, una stanza umidissima con uno spiraglio di finestra, due letti singoli per noi, il prosciutto, i limoni canditi, le casse di vino, un borsone pieno di  biancheria sporca, una lavatrice a gettoni nella hall. Biarritz, con la sua eleganza sciolta, le sue stradine strette, piene di ristoranti, il vocio sommesso, la Grande Plage, le onde dell’oceano che si infrangono sulla scogliera.
L’ultima sera, un vestino lungo, nero, un fiore tra i capelli, i piedi scalzi, un plateau di ostriche, pane ancora caldo, burro salato, risate, occhi che si cercano,  una bottiglia di vino gelato, massì, prendiamoci un dolcetto. Far breton aux pruneaux. Ha un bel nome, mi ispira, ne prendiamo uno in due?

Madame, me ne porta un altro?

Madame, ancora, per favore, un’altra fetta.

Tre fette, solo per me.

Far breton alle prugne della California

500 ml di latte intero
150 g di farina
120 g di zucchero
150 g di prugne della California, secche e denocciolate
3 uova
60 g di burro salato
2 cucchiai di rum
1 bacca di vaniglia

Preriscaldate il forno a 220° e mettete a bagno le prugne della California nel rum appena intiepidito. Tagliate in due nel senso della lunghezza la bacca di vaniglia e mettetela in un pentolino col fondo spesso con il latte e fate scaldare a fuoco dolce, senza portare ad ebollizione. Mescolando con la frusta aggiungete la farina, facendo cuocere 5 minuti, finché non inizia ad addensare, quindi togliete dal fuoco.
In una ciotola montate con le fruste elettriche le uova intere e lo zucchero finché non sono ben spumose, poi aggiungete il latte tiepido. Mescolate bene, poi versate in uno stampo non a cerniera da 20 cm, ben imburrato, aggiungete le prugne scolate, dei fiocchetti di burro salato in superficie, quindi infornate per 10 minuti  finché la superficie non si scurisce, poi abbassate a 200° e continuate la cottura per altri 30 minuti. Fate raffreddare prima di servire.

Le prugne di questo far sono le famose prugne della California. Il California Prunes Board riunisce oltre 900 coltivatori , strettamente controllati per fornire sul mercato prugne di qualità superiore, tanto da avere ottenuto da parte dell’EFSA (Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare) l’approvazione di un claim salutistico (“indicazioni sulla salute”). Non sono magari bellissime da vedere, ma sono buone  e fanno  bene!

Elisabetta Gavasso:
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