Disclaimer: Questo non è un post in cui vi parlo di cosa vedere a Copenhagen. Per quello ci sono i travel blog o le guide. Qui vi parlo di come mi sono innamorata perdutamente della città.
Ancora taaanto tempo fa avevo letto qualcosa sull’hygghe: illuminazioni basse, atmosfere calde, caminetti in ogni stanza, chiacchiere, risate, calore, qualcosa del genere insomma. Non so bene chi dai mi fossi fatta questa idea, ma questo era quello che immaginavo quando siamo arrivati a Copenhagen. Il nostro primo impatto con l’hygge è stato in appartamento, trovato su airbnb. Siamo arrivati la sera tardi e ci siamo fiondati subito a casa. Che era esattamente l’opposto di quello che mi ero immaginata: grandi vetrate, piante su tutti i balconi, luci dappertutto basse e soffuse, legno, legno e ancora legno, legno ovunque, legno per terra, mobili grandi, tavoli di legno chiaro e grezzo, sedie di legno scomodissime quanto bellissime da vedere. Piatti tutti uno diverso dall’altro, posate spaiate, ciotole colorate, esattamente il paradiso di una food blogger.
Siamo arrivati la sera molto tardi, siamo andati diretti a casa e poi a letto. La mattina dopo, autobus fino in centro. E qui, inizia l’innamoramento serio.
La prima impressione, poi confermata in tutto e per tutto, è di ordine e cordialità. Ordine che regna ovunque, nelle strade, nelle case, nelle persone, nel design. Gentilezza, sorrisi, buongiorno.
I negozi, in cui puoi guardare toccare fare brigare e nessuno ti dice niente, che dire dei palazzi austeri che fanno da contrasto alle case con le facciate colorate e ovunque grandi finestre, enormi, spesso senza tende, che bisogna sfruttare tutta la poca luce che c’è.
E i canali, i canali che passano in mezzo alla città, che l’attraversano, pieni di barche piene di turisti che fanno il giro, barche ristorante, dove sedersi a mangiare un boccole e bere una birra, barche degli abitanti che le lasciano ormeggiate a Nyhavn per prenderle il fine settimana per farsi un giro con il sole, magari in mare.
E bambini ben accolti ovunque, playground (perché fa molto più figo chiamarli così piuttosto che parco giochi) ovunque. Che poi in verità non sono parco giochi intesi come altalena, scivoli e giostrine, sono più spazi apposta per i bambini, grandi vasche di sabbia, tronchi messi apposta per farli saltare, giochi dove si possono arrampicare, tutto in sicurezza, così come le reti per saltare in mezzo alla strada, gioia per adulti e bambini.
E Christiania, tra un marito che rompe l’anima e continua dire che non è il posto per portare una bambina. E io che morivo dalla curiosità di vederla, e allora andiamo. E la una bambina di quattro anni che ti dice mamma c’è una festa, senti che buon profumo nell’aria… 🙂
Qui qualche bancarella di fricchettoni legati al tempo che fu, tanto spaccio legalizzato, foto di nascosto e via, si torna in Europa…
E colori tenui, colori pacati, grigi salvia marroni bruciati panna crema in tutte le sfumature.
E il cibo, il cibo a partire dagli smortebrod fino al salmone, l’aragosta, le ostriche, alla carne, la birra, il sidro, i caffè lunghi accompagnati dai kannelbullar, le salse, il pesce, la carne…
E gente felice, gente rilassata, gente che nonostante non veda quasi mai il sole ha sempre il sorriso sulle labbra. E sì, forse è proprio questo il segreto dei danesi, essere felici delle piccole cose, felici una birra in compagnia degli amici, finisci di chiacchierare davanti ad una tavola imbandita, felici di una intera giornata di sole.
Hygge.
Copenhagen.