Molto probabilmente, da piccolina ho avuto un brevissimo, per fortuna finito in fretta, momento vegetariano. Non dico strettamente vegano, ci mancherebbe, Dio salvi sempre burro, panna montata e latticini in genere, ma da piccola c’è stato un periodo in cui farmi mangiare la bistecchina era veramente un patimento.
Per non parlare di pesce diverso dai calamari fritti. Sarà perché “la bistecchina per la bambina deve essere cotta bene e salata poco, sennò fa male”.
E così mi toccavano suole di scarpe sul piatto, magari anche condite con l’olio e un pizzichino di sale, ma poco perché sale fa male. Un’infanzia triste. Che poi tante volte ne facevo anche una questione animalista, ma come si fa a mangiare le povere mucchine, che vanno benissimo per fare latte e formaggio, ma la carnina no, povere mucchine. E poi, poveri vitellini, poveri coniglietti, poveri caprette, povere pecorelle, oppure agnellini. L’unica cosa che non mi ha mai mai suscitato un sentimento di compassione è il maiale. Il maiale è buono, il maiale si mangia. E basta e del maiale non si butta via niente. Ho sempre adorato la mortadella, fin da piccolissima, le costine, le braciole, le salsicce. Il povero maiale non mi hai mai fatto compassione e me lo sono sempre mangiato di gusto. Or che ci penso bene pure il pollo, che arrosto con le patate, mmmm…
Andando avanti con gli anni la consapevolezza che la carne cotta mi faceva schifo, ma la carne in versione rosata era veramente buona, mi ha fatto cambiare parecchie prospettive. E quindi, via libera la mucca e al vitello, al pollo che, come abbiamo già detto, arrosto con le patate è la cosa più buona del mondo, ma non al il coniglio. Come si fa a mangiare un povero coniglietto che gioca felice nei prati con la sua coda a batuffolo? Così per anni non ho mai mangiato coniglio. Non perché non mi piacesse, non avevo mai mangiato con il senno di poi, semplicemente perché mi faceva peccato pensare che un coniglietto paffuto bianco che giocava felice nei prati potesse trasformarsi in un succulento secondo piatto.
Poi, con lo svezzamento e con il consiglio della pediatra di dare la carne di coniglio alla bimba perché meno trattata e più genuina, mi sono fatta forza e, di necessità virtù, l’ho mangiato anch’io. Una scoperta. Il coniglio è buonissimo. Ho trovato questa ricetta nel blog di Clara, qualche mese fa. Non so quante volte l’ho fatta nel frattempo, sta di fatto che deliziosa. Provatela. E non ve ne pentirete. La adoreranno anche i bambini, e il vino ovviamente in cottura evapora! Magari evitate di dir loro che è coniglio… 🙂
- un coniglio eviscerato e tagliato a pezzi
- 5 scalogni
- 50 g di olive taggiasche snocciolate
- olio evo
- un bicchiere di vino bianco
- 4 patate grandi
- qualche foglia di salvia e un rametto di rosmarino
- sale e pepe
- Pelate, lavate e tagliate a pezzi piuttosto grandi le patate, e tenetele da parte. Sbucciate gli scalogni, tagliateli a metà. Lavate salvia e rosmarino.
- Prendete una padella che possa andare poi in forno e mettetela sul fuoco a far scaldare bene. Quando sarà ben calda, fare rosolare la carne, senza aggiungere olio, girandola spesso.
- Aggiungete quindi l'olio, gli scalogni, fate rosolare qualche altro minuto, poi sfumate col vino bianco.
- Unite quindi le patate, regolate di sale e pepe, unite gli odori e coprite con alluminio.
- Mettete in forno già caldo a 200° per 40 minuti. Passato questo tempo sfornate, togliete la carne ed avvolgetela intorno all'alluminio, per mantenerla calda.
- Rimettete le patate in forno qualche minuto sotto il grill, per formare la crosticina sopra.
- Servire ben caldo.